Translagorai Classic

15/07/2023 Alberto Ferretto

Ho perso la testa. Lo ammetto. E con questa intensità non mi era mai successo. Non volevo crederci. Fame, non di gel, di pizza. Sonno, quasi svogliatezza, quasi noia. Insofferenza pura.

          A translagorai, dopo il Bivacco Paolo e Nicola, nel verso che va da Panarotta al Passo Rolle, inizia la fatica, per chi ci prova in 24h. Inizia il trekking, per chi non ha fretta. Per me è stato così. Mancano circa 14 km, un sasso sopra l’altro, nel vero senso della parola, e ci sono volute quattro ore circa, 15 minuti per fare ogni singolo chilometro, si perchè gli ultimi sono in discesa.

          Quattro forcelle, ad ogni forcella una distesa infinita di sassi, e Roberto, il mio compagno di avventura, a puntare il dito verso l’orizzonte. Ancora una forcella, e ancora, ancora, ancora. Sono esploso. Ho perso la testa.

          È questo ciò che prova chi non ama la montagna? Chi non ama faticare? Chi non ne vuole sapere di tutta questa bellezza? Io, che ormai tra ascese, viaggi, sci, corsa, bici, allenamenti, gare, qualcosa ho pur combinato. Io che amo la montagna come fosse mia madre. Io, che a questo punto, non c’ho ancora capito nulla.

          Io che ho amato translagorai fino al Paolo e Nicola, perché tra creste, laghi, silenzio, solitudine, vento, nebbia, tramonto, alba, corde fisse, forcelle e quel ristoro generoso al Rifugio Sette Selle, quel ristoro affettuoso al Passo Manghen, mi sono sentito a casa. Io che ho scelto translagorai perché due anni prima me l’avevano tagliata, proprio al Paolo e Nicola, a causa della troppa neve nella parte finale. Questa !

          A quel punto dovresti cambiare modalità, e pensare solamente a camminare, senza il cuore in gola, il fiato corto, il sudore ovunque, come quando si corre. Niente. Avrei dovuto godermi il momento. Niente. Mi è esplosa la testa come non era mai successo. Avrei voluto chiamare un elicottero. Avrei voluto piangere. Avrei voluto addormentarmi e svegliarmi in un altro posto. Non sto scherzando. Non sto esagerando.

Non mi era mai successo e mi sono sentito vulnerabile, indifeso, senza carattere.

Credo Roberto mi abbia stramaledetto, ma non me lo dirà mai. Sembravo un bimbo di cinque anni che chiede al papà quanti minuti mancano per arrivare a destinazione. Insistendo, più o meno ogni trenta secondi. 

          A volte la vita ha un modo strano per insegnarti le cose, riequilibrare, tenerti con i piedi a terra. Dico sia importante andare avanti senza guardarsi indietro? Eppure guardarmi le spalle era l’unica soddisfazione che avevo, l’unica fierezza di quel momento. Va a capire. Ho continuato a camminare come un mulo che riceve una frustata ad ogni passo, ed ecco Forcella Colbricon in lontananza, dopo ore sembrati giorni, c’è dell’erba sul suolo. È lontanissima, manca un’ora?

          Sento la voce di Fagnoni, che sorpresa, sembro un naufrago fuori in mare da mesi. Mi urla che è fatta, che siamo a pochi minuti dal secondo. Ah ma è una gara? I suoi piedi sono poggiati sull’erba, si, erba, quasi i sassi scottassero, poi mi dice che andrà incontro agli altri, io glielo sconsiglio. 

          Dalla forcella si vede il Passo, forse ci siamo. Una discesa erta, tecnica e sassosa, tre chilometri di forestale con i merenderos scocciati per la nostra atleticità provata dalla notte, o forse dai sassi. C’erano dei sassi, se non si era capito.

          Una salita di circa dieci metri di dislivello, corribile, finalmente, un strada che si blocca al nostro passaggio, quasi facessimo pena a questi guidatori della domenica in cerca di aria pulita. Quel parcheggio al Rolle che nella notte aveva preso forma, invaso di furgoni, e quei 4 pezzi di legno assemblati con quel “Classic” che parla chiaro, storia di come un concetto elitario.

          C’è una campana che suona impazzita, agitata dall’erede di questa unica e magnifica manifestazione.

Io che mentre scrivo mi scuso con translagorai perché, detta sinceramente, l’ho amata anche dopo il Paolo e Nicola, sei troppo bella per essere vera. Io che all’arrivo non sento la stanchezza, la testa ora è vuota, non ho voglia di pizza, avrei voglia di ripartire, non ci sono lacrime, non ci sono elicotteri, c’è ancora voglia di montagna, di stare fuori, di guardarsi fieri alle spalle. Penso che alla fine non abbiamo nemmeno fatto troppa fatica, che tra un mese avrò Utmb, che ci sarà il doppio del chilometraggio, che abbiamo fatto un buon tempo tutto sommato, ma che sono i classici pensieri senza senso di chi non ha dormito. Io, con tutti questi “io”, forse non c’ho ancora capito nulla. Eppure non mi resta che continuare a provarci, di capirne qualcosa, di capirne la grandezza di certe esperienze, la grandezza di questo sport, la grandezza delle persone che lo frequentano.

Ogni sentiero sarà da oggi una passeggiata.

Ogni crisi sarà da oggi superata.

L'ultra running è una cosa seria?

Minchia, Paco, ci sei riuscito a farmi capire che “la fine non è la fine”.

Translagorai Classic Reverse, 14/15 luglio 2023, 15 ore 15 minuti.

Siamo arrivati. Adesivo guadagnato.

Alberto Ferretto

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