Translagorai Classic

16/07/2022 Michele Lorenzini

Michele Lorenzini - >24h

Il Sole della sera scalda il verde dei boschi e i prati ingialliti dalla mancanza di pioggia, camminiamo su un sentiero facile su cui in un altro momento potremmo tranquillamente correre, le gambe stanche ma il cuore leggero…
24 ore prima, alle 19 di sabato 16 luglio, io e Claudia partiamo insieme ad altre 60 persone dal parcheggio di Malga Rolle, per iniziare questa nostra seconda Translagorai.
L’anno scorso abbiamo impiegato 25 ore e mezza per raggiungere la Malga dalla Panarotta (con la variante bassa finale) e non potevamo resistere alla voglia di provarla anche quest’anno nel senso opposto, la versione “classic”.
Sembra che l’inizio sia destinato a portare brutti pensieri nella testa: quest’anno siamo veramente in tanti e sul sentiero che sale dopo i Laghi di Colbricon, la prima salita di circa 500m D+, sono un po’ infastidito dal rumore delle infinite chiacchiere da bar ad alta voce dei ragazzi che mi precedono, il clima è più simile ad una gara sovraffollata che non l’inizio di un’avventura in un territorio dove di solito regna il silenzio. Cerco di fare pace con me stesso e per fortuna ci riesco, la salita comincia a sgranare il gruppo e posso iniziare ad immergermi nel viaggio.
In cima incontriamo Liba e Raffaele, stanno andando insieme (anche perché Liba ha dimenticato il cellulare, che recupererà poi al Cauriol), e stanno andando forte, perché subito li vediamo sparire tra le rocce che ora costituiscono l’unico fondo su cui ci muoveremo per i prossimi km.
Verso Paneveggio i raggi di Sole che filtrano sotto il cielo coperto di nuvole pesanti fanno sperare che il temporale che ci ha sfiorato al Colbricon sia ormai passato, ma un po’ alla volta il cielo si chiude e cominciamo a sentire i tuoni in lontananza verso nord.
Procediamo regolari tra rocce e pietraie, finché la pioggia comincia a cadere. Ad un certo punto sbuca tra il grigio la sagoma rossa del bivacco Aldo Moro, ci scambiamo due parole e si decide di andare avanti. Dopo non molto alla pioggia si aggiunge la grandine, il cielo è rischiarato dai lampi, cerco di tenere la testa bassa e le mani riparate. Tra le rocce si formano ruscelli di pioggia e grandine. Fortunatamente non dura molto e le temperature notturne di questo periodo particolarmente caldo non ci faranno patire il freddo.
Il nostro cammino prosegue, regolare, tra i sassi che non sembrano finire mai, Forcella del Valòn, Forcella di Cece, poi il tratto di salita che ci porta al punto più alto della traversata, dove infilo le ginocchiere sperando di avere un po’ di supporto nelle lunghe discese che ci aspettano. A un certo punto spegnendo la frontale vediamo sopra di noi le sagome scure del Palon di Cece e del Campanile di Cece, due denti aguzzi che puntano al cielo che ora si è aperto ed è carico di stelle.
Raggiunto il bivacco Paolo e Nicola (sono le 23:40) dedichiamo 10 minuti alla deviazione che ci permette di riempire le borracce alla piccola fonte, dove una piccola rana montana si gode l’umidità della notte.
Da qui il cammino prosegue senza troppa fatica sui km che ci separano dal prossimo obiettivo, il rif. Cauriol. Giriamo intorno a Cima Moregna, spunta una Luna che sembra gigante rispetto alle piccole luci che in lontananza scendono tra le montagne scure.
Arriviamo a Forcella Canzenagol e comincia la discesa, lunga e temuta, verso il Cauriol. Facciamo un primo tratto insieme ad altri due ragazzi (uno, Alberto, lo incontreremo spesso durante il nostro viaggio), poi loro sono più veloci e io e Claudia rimaniamo a combattere questa discesa passo dopo passo, tra rocce, buche, radici. Durante la discesa intercettiamo un ruscello che ci permette di riempire tutto quello che possiamo d'acqua, me lo ricordavo e ho pensato che sarebbe stato il punto migliore per fare riserva prima del lungo settore centrale della traversata, non sicuro di cosa avremmo trovato al Cauriol.
Sono sicuro invece di cosa abbiamo trovato una volta arrivati al rifugio: un gruppo di amici che alle 2:40 di notte sono svegli ad aspettarti e a chiederti come va, a fornirti coca cola biscotti e sorrisi, il gestore, Tommy, che ti prepara un the caldo e ti accoglie come a casa, altre persone che come noi stanno ricaricando energie perché rimane ancora tanto cammino da fare. Penso che per molti, tutti, questo è stato un punto di supporto importantissimo nella riuscita della traversata, grazie ancora!
Ripartiamo carichi di energie, qualcuno è poco più avanti, qualcuno ripartirà tra poco. Mentre saliamo verso passo Sadole la Luna gioca con un fazzoletto di nuvole che sembra appoggiato tra le cime che ci accompagnano sulla sinistra.
La salita è lunga (è la più lunga), per arrivare a passo Sadole seguiamo la traccia che ci porta sul sentiero più diretto ma ormai quasi dismesso e quindi non facile. Poi sulle pendici pietrose verso Forcella delle Aie la notte comincia a scemare, la nebbia che riflette la luce della frontale rende ancora tutto più suggestivo. Durante la salita inizio ad avere qualche problema con lo stomaco, finora abbiamo cercato (ed è stato forse il miglioramento più importante rispetto all’esperienza dell’anno scorso) di mangiare regolarmente integrando la frutta secca e le porzioni di panino con i gel, ma faccio fatica a buttar giù qualcosa e le gambe lo sentono. Ultimo strappo fino alle pendici di Cima Litegosa, ormai è giorno e torniamo a godere anche con gli occhi del paesaggio che ci circonda, andando a cercare con lo sguardo quale sarà la prossima selletta, il prossimo traverso, il prossimo pezzettino di Translagorai.
Per fortuna la pancia sta meglio, dopo un po’ ci fermiamo a fare “colazione” e ci concediamo un caffè (in bustina, ovviamente). Quando raggiungiamo il breve tratto attrezzato prima dei Laghetti di Lagorai incontriamo un ragazzo seduto su una roccia, ci racconta che ha avuto una crisi e ha dormito una decina di minuti, il suo gruppo è più avanti. Cerchiamo di incoraggiarlo e scende il canalino insieme a noi, alla successiva salita sparirà presto alla vista: gli serviva solo un piccolo spunto per riprendere il cammino!
Alle 08:50 arriviamo in vista del Lago delle Stellune. Per me segna la fine del settore “centrale”, i sentieri da qui in poi li conosco meglio, mi sembrano meno impegnativi, ma si tratta pur sempre di Lagorai e sono pochi i metri che concedono di rilassarsi. Ritroviamo Alberto, cominciamo a incontrare anche qualche persona che non sia un runner stanco e un po’ folle che cammina/corre da 14 ore… prima del Lago delle Buse incontriamo anche Aba, Sara e Argo che come tanti hanno approfittato della giornata per fare una camminata venendo incontro a chi sta facendo la traversata, alle 11:12 finalmente arriviamo al Manghen.
Qui ci aspetta Marika che ci dà qualche informazione su chi è passato prima, un paio di calzini asciutti, la Coca Cola, della frutta e tanti sorrisi. Ripartiamo belli carichi, salutiamo Roberto e gli altri che sono ancora al passo dove era stato allestito un piccolo ristoro, e ripartiamo per l’ultimo settore della traversata.
Il caldo ora comincia a farsi sentire, a Passo Cadino troviamo qualche bottiglia d’acqua e di Coca Cola lasciata dai ragazzi di URMA, che troveremo poco sopra al bivacco Mangheneti. I ragazzi nonostante siano lì da non so quanto tempo a incoraggiare i nostri compagni di viaggio sono una carica di energia, ci offrono qualsiasi cosa, io mangio del cocomero, Claudia beve il the, prendiamo ancora acqua e poi via.
Traversi, sellette, sassi, salite, sole… è difficile spiegare a parole quanta “roba” sta in mezzo tra la partenza e l’arrivo. Teniamo un ritmo tranquillo ma regolare, penso che solo il tratto dal Manghen in poi sarebbe un giro non banale per una giornata, e noi lo stiamo affrontando dopo più di 50km senza aver dormito. Nonostante questo le gambe girano ancora abbastanza bene e pezzetto dopo pezzetto avanziamo. Davanti a noi c’è qualcuno, non riusciamo ancora a raggiungerlo, a Passo Cadin vediamo una persona seduta sul prato: è Raffaele, che ci racconta di essere in crisi ma si è messo d’accordo con l’altro ragazzo per proseguire insieme (scopriremo poi che era sempre Alberto, ma non aveva più la giacca rossa che lo ha accompagnato tutta la notte e quindi da lontano non l’avevo riconosciuto).
Intanto le ore passano e ogni tanto proviamo a fare qualche conto, ce la faremo in 24 ore? A volte ci sembra di sì, a volte ci sembra impossibile, Claudia mi dice di non pensare all’orologio e continuiamo su e giù fino al Rif. Sette Selle, dove ci saremmo buttati volentieri nella fontana. Ma è meglio non tardare, pieno di acqua e via in direzione Erdemolo. Arrivare al lago è ancora lunghissima, da lì poi saliamo al Passo del Lago e mi ripeto che questa è l’ultima salita “lunga”, poi sarà tutto più facile…
La bellissima cresta ci porta verso la Portela, da lì dovremmo scendere verso il rif. Erterle, dato che venerdì c’è stato un incendio nei pressi della Panarotta e quindi è stata ideata una variante dell’ultimo tratto per evitare di lasciare le macchine in Panarotta. Sono le 17:30, le tante ore in piedi si fanno sentire, ma già da un po’ si è formata nella nostra testa l’idea di proseguire per il percorso classico: siamo consapevoli che per noi non ci saranno molte occasioni per affrontare un’avventura così, è difficile anche solo pensare di avere ancora voglia di rifare tutta quella strada, sappiamo che chi ci aspetta all’Erterle dovrà aspettare ancora per molto (perché ci dovremo tornare a piedi, all’Erterle), ma la voglia di portare a casa “La Translagorai” vince su tutto e ci dirigiamo verso il Fravort. Alla forcella, quando guardiamo oltre cosa ci aspetta, la speranza di rimanere sotto le 24 ore svanisce in fretta e questa volta definitivamente, ma ormai non importa: stiamo abbastanza bene e in fondo basta camminare (questo è stato il mio mantra di quest’anno: basta solo camminare, è facile, lo fai sempre, un piede davanti all’altro, basta solo camminare).
Il Sole della sera scalda il verde dei boschi e i prati ingialliti dalla mancanza di pioggia, camminiamo su un sentiero facile su cui in un altro momento potremmo tranquillamente correre ma le gambe e i piedi doloranti non ce lo permettono. Poco prima, mentre stavo dietro a Claudia, mi viene quasi da piangere pensando a tutto quello che avevamo passato, e che non mancava ancora molto. La stanchezza aiuta la commozione, e da camminare ce n’era ancora per un bel po’. Quando scoccano le 24 ore la Panarotta è già in vista, ma penso che ci vorrà forse ancora un’ora per arrivarci. Ci arriveremo in 42 minuti, stanchi, camminando, arriveremo in un anonimo parcheggio con alcuni cartelloni pubblicitari, poche persone che quasi svogliate fanno due passi verso il bosco, ci abbracciamo e ci mettiamo a piangere.
La Translagorai è anche questo, partire da un punto e arrivare in un altro: ciò che trovi non è alla fine, ma in ciascuno delle decine di migliaia di passi che servono per arrivarci.
Da soli, come siamo arrivati, ci rimettiamo in cammino ritornando sulla stessa strada fino alla Bassa, poi una discesa che ci sembrerà infinita (i piedi con le vesciche, le ginocchia di Claudia ancora provate dalla discesa al Cauriol) fino a ritrovare un altro abbraccio, un traguardo di legno e gli applausi di un gruppo di amici che hanno vissuto questa giornata “dall’altra parte”, silenziosi guardiani della nostra avventura.

Consigli:
* Il carburante serve, è fondamentale riuscire ad alimentarsi regolarmente e tanto, perché dopo molte ore nel corpo c’è solo quello che ci metti dentro, e se non c’è dentro niente non vai.
* In questo periodo l’acqua purtroppo scarseggia, anche in Lagorai, cercate informazioni su dove si trova (la sorgente al Mangheneti, per es., è asciutta) perché l’acqua è fondamentale tanto quanto il cibo.
* Si può fare in 24 ore senza correre? Secondo me sì (almeno in questo verso), ma non è scontato. Noi abbiamo praticamente solo camminato, abbiamo mancato le 24 ore di poco, per farla camminando bisogna comunque essere veloci sul terreno tecnico, e non concedere troppo tempo alle pause (non rimpiango, comunque, nessuno dei 42 minuti “in più” se li ho passati scambiando qualche parola, salutando gli amici, fermandomi in mezzo al sentiero per guardare le stelle).
* Nessuno vi può raccontare com’è la Translagorai, se non fate la Translagorai.
* Godetevi il viaggio…

 

 

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