Translagorai Classic

16/07/2022 Mirko Sperotto

Mirko Sperotto - 22:16

Translagorai Classic 2022
Avevo sentito parlare della Translagorai solo in un paio di occasioni: dai racconti di un tentativo del mio socio Marietto nel lontano 2009, naufragato al Rolle per esaurimento “psico-fisico”, e poi in una puntata di Buckled.
In entrambi i casi l’impressione che mi ero fatta era di una traversata molto impegnativa e selvaggia, che però non era mai entrata nella mia “orbita”, tanto che pensavo che la gara passasse per il Cima d’Asta, l’unica zona del Lagorai che conosco!
Due settimane prima dell’evento organizzato da Urma & Co, Mario se ne esce con l’inaspettata proposta, visto che mi vedeva dubbioso e nel partecipare alla Trans d’Havet, gara organizzata dagli amici dell’Ultrabericus e quasi gara “di casa”, già fatta più volte. “Dubbioso”, nel senso che mi sarebbe piaciuto provare qualcosa di simile, ma diverso, diciamo più “ingaggioso”….
"Translagorai Classic! Stessi km e D+ della TdH, ma con fondo e impegno moooolto diverso!!"
Mario, navigato Ultratrailer con tanta esperienza, non propone mai cose semplici, quindi lì per lì non ho detto subito sì, perché non volevo fare il passo più lungo della gamba…
Poi la notte porta consiglio, e mi ritrovo il venerdì pomeriggio successivo in un bar di Fonzaso a caricare sul tetto della Zafira la bici di Mario, dopo che il socio aveva parcheggiato la sua a Panarotta appena prima dell’incendio, e mi era venuto incontro pedalando.
Alle 21.00 circa siamo al Rolle, ci vestiamo già in assetto “racing” visto che la partenza è prevista per le 02:00 circa. Breve cena a base di Nutella Biscuits (immancabili in tutte le nostre uscite) e poi via a nanna.
Cercando di chiudere occhio per qualche ora, penso a quello che mi aspetterà domani, e al fatto che un po’ a malincuore abbiamo deciso di partire circa mezza giornata prima dell’evento ufficiale, causa sovraffollamento dello stesso.
In ogni caso ci terremo sempre in contatto con Filo, perché ci sentiamo comunque parte dell’evento, anche se in versione “apripista”.
La sveglio suona (troppo) presto e, caricato lo zaino di acqua (circa 2,5 litri a testa) e cibarie varie (panini, gel e barrette Decathlon), oltre a giacca e ammenicoli vari, alle 2.15 si parte. La decisione di partire a quest’ora deriva dal fatto di riuscire a trovare tutti e 3 i rifugi aperti, scelta che si rivelerà azzeccata!
La traversata ci accoglie subito con nubi basse e visibilità a 2 metri (fino a ben oltre i laghi del Colbricon), costringendoci più volte a scrutare la traccia GPS. Poi però le cose migliorano, ed entriamo nel tipico scenario tanto atteso: cielo limpido e sassi, sassi e ancora sassi.
Il percorso è ben segnato, ma ai bivi è sempre meglio controllare di aver preso la giusta direzione!
Andiamo di buon passo, senza fretta, non abbiamo obiettivi di tempo. Ogni ora trilla l’orologio che ci ricorda di mangiare qualcosa. Cerchiamo di rispettare questa regola che ci siamo dati, più o meno…
Erte forcelle, grandi traversate, prati e laghetti si alternano continuamente e ogni volta ci sorprendono per la bellezza e la singolarità del paesaggio, ancora incontaminato.
Superiamo senza fermarci il bivacco Aldo Moro, e proseguiamo fino ad arrivare all’altro bivacco (Paolo e Nicola) al 20° km, dove troveremo le prime (e rare…) forme umane, che ci salutano con ammirazione e simpatia! Proseguiamo, e poco dopo troviamo un tizio che vuole farsi il Back To Back (Panarotta-Rolle-Panarotta), partendo però dal lago di Levico..pazzesco!! Dopo due chiacchere, lo salutiamo e gli auguriamo buona fortuna. Riprendiamo con obiettivo il primo dei 3 punti di appoggio di giornata: il rifugio Cauriol.

Al termine di una lunga e zigzagosa discesa arriviamo di prima mattina al Cauriol, dove troviamo il gestore Tommi che ci accoglie con la sua simpatia e disponibilità. E’ un sostenitore della Translagorai e di questo territorio in generale, e quindi ne approfittiamo per fare due chiacchere e riposarci un po’.
Una bella fetta di strudel ed una Coca (offerta, grazie!) non possono mancare, e dopo aver riempito le borracce d’acqua dalla fontana posta all’ingresso del rifugio, salutiamo tutti e ci incamminiamo verso il passo Sadole.
Comincia a far caldo, e sappiamo che non troveremo acqua lungo il percorso, quindi beviamo con parsimonia. Io lo soffro particolarmente, ed entrambi patiremo qualche problema di stomaco. Ma avanti sempre! I traversi, in questa sezione, non si contano, come i continui su e giù su terreno sempre sassoso. Incontriamo anche dei camminatori lungo il percorso, affranti dalla durezza del percorso e appesantiti da zaini giganteschi, segno di una traversata di più giorni.
Cominciamo ad essere un po' stanchi, e l’ultima parte corribile verso il Manghen mi costringe invece a camminare causa stomaco sottosopra ☹.
Al Passo arriviamo verso le 16.00, e decidiamo di fare una lunga sosta (di circa 45 min!), sia per ripigliarci un po', sia per mangiare qualcosa con calma e fare il punto della situazione. Nonostante le birre fresche spopolassero fra i turisti, io ordino ben 2 the caldi, che destano gande perplessità e sguardi basiti fra gli astanti, ma mi rimetteranno in sesto la pancia per le ore successive. Prima di lasciare il Passo, non ci siamo fatti mancare un bel dolce con panna cotta...
Schivate un po' di moto e biciclette, calpestiamo l’unico pezzo di asfalto di tutta la traversata e iniziamo l’ultima parte del giro, che si presenta con un fondo meno esigente, più simile a quello a cui siamo abituati, e la testa ringrazia… Proseguiamo a passo svelto ma senza forzare, godendoci il calare della sera fino al rifugio Sette Selle, dove finalmente possiamo riempirci la pancia con un ottimo minestrone, visto che sono le 8.00 di sera e la cucina è ancora aperta! Chiediamo info sull’incendio, visto che abbiamo il dubbio di non riuscire ad arrivare alla macchina, ma pare sia tutto sotto controllo.
Anche qui una buona mezz’ora di pausa ridendo e scherzando con i presenti, e poi via verso l’ultima parte.
Il lago di Erdemolo e la relativa forcella la facciamo alla luce flebile delle frontali...il buio inizia ad avanzare.
Tornano le nebbie, e qualche difficoltà di orientamento ci costringe ad usare di nuovo il GPS, specie nell’ultimo micidiale strappo del Gronlait, che ci fa perdere un po' di tempo e che mina un po’ le nostre ultime riserve energetiche. Proseguendo fortunatamente lasciamo le nebbie a favore di una limpida serata, anche se con dei fulmini minacciosi in lontananza. Giù si vedono già le luci della civiltà…
Da lì in poi discesa scassata e poi una infinita traversata su un dolce sentiero verso la Panarotta, un po’ corsa e un po' camminata, che ci fa arrivare alla macchina a mezzanotte passata, dopo circa 22 ore dalla partenza.
Foto di rito, il tempo di cambiarci un attimo, toglierci le scarpe (momento sempre tragicomico!) e, constatati i minimi danni ai miei due mignoli, si torna in macchina al Rolle per le ultime ore di riposo prima del rientro a casa.
Oggi rimane il ricordo di una bella avventura, di una “discreta” dose di fatica ma anche la soddisfazione di aver attraversato un massiccio poco conosciuto e ancora naturale, libero da infrastrutture artificiali e avvolto spesso da un aurea di mistero, vista la bassa frequentazione. Che sia da tornare l’anno prossimo per tentare la traversata al contrario?

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