Translagorai Classic

16/07/2022 Raffaele Guzzon

Raffaele Guzzon - >24h

Erano tre anni che avevo un conto aperto con il Lagorai, dal tentativo, piuttosto velleitario, del 2020, conclusosi con un ritiro al Rifugio Cauriol assieme a Giulia e Roberto, che anche oggi si rivelerà decisivo in questa storia.

Poi ora è il Treno Running Club a dare una mano a Filo nell’organizzazione e quindi niente scuse, si parte. Le premesse non erano delle migliori. Tanti chilometri macinati nel 2022, ma decisamente poca montagna, un caldo pazzesco e io che provenivo da alcune settimane a livello del mare. Infatti, già nelle ore precedenti la gara la tensione sale, insieme a un po’ di mal di stomaco, ad uno zaino fatto un po’ a casaccio, per non pensare a quel che arrivava, e a qualche dimenticanza non trascurabile, tipo la cena prima della partenza. Fortuna che c’è il TRC e Ylenia, una ragazza che ha accompagnato il suo uomo alla partenza e che per più di 24 ore salverà le chiappe a molti, tra cui il sottoscritto. Anche questa è Translagorai.

Passo Rolle, si parte. Tramonto spettacolare con nubi all’orizzonte. Si attacca, al solito, come dei pazzi (ma i coltelli non si sfoderavano all’alba?) la prima salita, tosta, per forcella Colbricon. Mi alterno con il Liba dei GFS, a parole andiamo piano, in verità in meno di due ore siamo al bivacco Aldo Moro, neanche il tempo di rifiatare (Parti piano …) ed ecco che si scatena un temporale con i fiocchi. Nuvole rosse illuminate dal tramonto, saette, pioggia, grandine e uno sbalzo di temperatura a doppia cifra. Inutile girarci intorno, siamo nell’unica sezione di Lagorai dove non c’è una caverna della guerra, la prendiamo tutta e fa pure male. In pochi minuti passiamo dall’essere accaldati e carichi all’essere bagnati fradici e con una notte davanti. Pazienza, si prosegue senza pensarci, infilando i piedi in pozze gelide e scivolando sul ghiaccio. Ci accodiamo ad altri ragazzi di Milano e dintorni, i convenevoli lasciano rapidamente il posto alla solidarietà (un angelo mi presta una frontale, la mia mi aveva salutato nel temporale) e si va, zitti e decisi. Arriviamo al Paolo e Nicola tutto sommato abbastanza ben messi. E qui il mio primo errore. Ho a dietro un cambio, sono fradicio, ma non ho freddo. Il Grillo Parlante mi dice di fermarmi a cambiarmi, ma sembra mancare poco al Cauriol e dunque via diritti. Pessima idea, mancano almeno due ore, questa volta non mi infilo su per forcella Moregna, ma in ogni caso la strada è tanta, si rallenta, si scivola, arriva il freddo e i piedi iniziano a ruggire. La discesa al Cauriol è come me la ricordavo, anzi peggio, uno schifo che mi deprime il giusto. Il Liba mi precede e mi stacca, giusto così, vai Presidente. Arrivo al rifugio, quell’Angelo di Tommaso, il gestore, non solo ha tenuto aperto, ma prepara orzotto caldo per tutti.

Mi guardo attorno: + sembra un cimitero +.

Sono tutti zitti e intirizziti, ci si prova a ridere, ma è dura, lo sappiamo tutti, lo sanno anche i TRC che hanno dovuto affrontare più di un imprevisto e sono lì piuttosto sconvolti. Filo, Dani e Robby mi danno una mano a cambiarmi, non posso dire di star male, ma la stanchezza arriva tutta di un colpo. Ho freddo, lo stomaco agonizza, mi siedo mangiare e se fosse per me sarebbe finita li. Di nuovo. Poi arrivano Fillo e Robby, mi tirano in piedi e mi cacciano fuori, aggregandomi a un gruppetto che, a parole, ha il mio passo. In effetti, si sale tranquilli e di chiacchera fino al passo Sadole, in qualche modo si arriva anche a Forcella Letigosa, il sentiero è maledettamente umido, ma non difficile. Manca poco all’alba, quasi quasi vorrei fermarmi a dormire un po’ al Bivacco Teatin, è una buca, lo so, ma non si sta a formalizzare. Purtroppo, apro la porta e le condizioni sono veramente impraticabili. Fanculo ai valorizzatori del Lagorai, quando si decideranno a sistemarlo? Quindi avanti, la salita alla Letigosa mi piaceva poco già da sotto, a farla ancora meno. Sono stanco, fa un freddo cane, il freddo dell’aurora, con le nuvole che si alzano dal fondovalle, la nebbia, il sole che si fa intuire, ma non scalda niente. Arrivati a cima Letigosa, ecco l’alba, luce. Spengo la frontale e già questo mi rincuora parecchio. Il gruppo mi stacca, un po’ ci resto male, ma poi decido di andare del mio, è la legge della Translagorai.

+ Coltellate all’alba +

Non ho mai percorso questo segmento che separa la Letigosa dal Manghen. In effetti, è la parte che mi preoccupa di più. Invece è fantastica, di una desolante meraviglia. Si procede su lunghi traversi di roccia porfirica, ormai asciutta e dunque di ottima tenuta. Percorro scale e strade fatte di macigni, sembrerebbero opera di giganti; invece, sono state fatte con il sudore e il sangue di una generazione di gente come me, più di 100 anni fa. Loro sono ancora lì, nei chiodi, nelle suole di scarpe, nelle fibbie, nei pezzi di stufa, che si incontrano lungo il sentiero. Intanto il sole è finalmente salito, mi abbraccia alle spalle. Ogni cosa è illuminata. Mi fermo su una pietra, fanculo al tempo che scorre. Mi tolgo le scarpe e mi sdraio, lasciandomi inondare dal sole. Rinasco. Arriva qualcuno che mi fa ritornare con i piedi per terra. Gli amici che mi hanno staccato non sono poi così lontani, parto e li raggiungo, poi li perdo, adeguandomi al mio passo che è decisamente più lento del lento del loro. Il sole si alza, ma è ancora presto, di correre non se ne parla, il passo però non è malvagio, in qualche modo in 15 ore arrivo al Manghen dove nella mia testa avrei in programma di fermarmi al rifugio, mangiare, dormire un po’ per riprendermi, tanto sono ancora in tabella di marcia per le sub 24.

Invece, al passo mi assale il caldo, sono ormai passate le 10, gli amici del TRC e Ylenia hanno allestito un ristoro volante e ho anche da cambiarmi. Ma fa caldo, davvero molto caldo, non c’è un filo d’ombra. Mi cambio, Robby e Ylenia mi medicano i piedi che mi fanno una pessima impressione, non pensavo fossero messi così male. Provo a magiare, ma è veramente dura. Quindi decido di ripartire, in fondo mancano circa 30 km, cosa vuoi che sia? Grave errore. Passato il Mangheneti, anche lì avrei potuto fermarmi visto il meraviglioso ristoro dei ragazzi di URMA, la situazione si fa perigliosa. Io non riesco ad avanzare rapidamente, fa un caldo dannato e mi aspettano parecchi chilometri di traversoni assolati. Mi fermo ad una forcella a rifiatare e mi passano Claudia e Michele dei GFS. Loro sono camminatori incalliti, se la sono presa con comodo e stanno decisamente meglio di me, bravi! Io medito il ritiro, ma arriva un ragazzo che se la fa di passo perché deve allenarsi per il TOR DRET. Di comune intento ripartiamo, proviamo a chiacchierare per ingannare il caldo e la sete, ma non è che funzioni molto. All’ennesimo passo con traversoni in salita a vista inizio veramente a vederla brutta. Lascio l’amico e mi siedo. Telefono a Filo per chiedere un recupero, pare impossibile, quindi volente o nolente riparto. La salita la passo dei Garofani è poco più di uno strappo, pare l’Everest e anche l’arrivo al 7 Selle non mi rincuora un gran ché. Fa un caldo indiavolato della Translagorai non c’è più nessuno. Mi siedo all’ombra, bevo un po’ d’acqua fredda e mi addormento, finalmente. Se non che mi sveglia il telefono che si decide di prendere nel momento meno opportuno. È il Robby che mi dice di ripartire con calma che di venirmi a prendere non se ne parla. Li saluto e mando a cagare con convinzione tutto il gruppo del TRC, che ormai ho capito come andrà a finire, la Translagorai me la devo sciroppare tutta. Mentre tiro accidenti all’ombra sbuca come un leprotto un altro corridore, è in gran forma lui, mi dice di ripartire se non voglio perdere l’adesivo. Ecco, dell’adesivo non me ne frega più nulla, anzi a questo punto ho deciso di far di tutto per arrivare sopra alle 24 ore. Non che ci voglia molto, la salita ad Erdemolo è accompagnata da una mezza insolazione, fa caldissimo, quel sole del pomeriggio che non lascia tregua fino alla forcella del Lago, dove un po’ d’ombra da refrigerio. Il problema è che ora c’è la variante dell’incendio, che ignoro totalmente e mi accorgo di non avere neanche la traccia a dietro. Fortunatamente c’è campo, i ragazzi mi danno due diritte e un immenso Robby mi viene incontro. Iniziamo a scendere, subito tutto bene, il morale torna a salire, vedo strani animali che semplicemente non ci sono. Poi però finiamo negli schianti di Vaja (Cazzo sono ancora qui!). Ine effetti hanno pensato prima a fare l’ennesimo cantiere per una strada forestale che a togliere gli alberi dai sentieri. Perdiamo la traccia e io perdo la testa, Robby per fortuna c’è, non mi manda a quel paese anche se avrebeb tutte le ragioni per farlo, e mi tira fuori da questo casino. Se non fosse per lui sarei ancora lì. Alla fine, arriviamo all’arrivo. È notte, sono rimasti solo i TRC e Ylenia con il suo compagno. Va bene così, sono gli unici che avrei voluto rivedere. Sono incazzato, stanco morto e dolorante, vorrei subito andare a casa e mandare tutti a quel paese. Poi mi fermo a pensare.

Hey, ce l’ho fatta e c’è tutto quel che serve. Un tavolo, una sedia, una coperta, un brodo caldo e gli amici. Non vorrei essere altro che qui.

 

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