16/07/2022 Simone Andreani

Simone Andreani - 22:58

Prologo:
Tutto ciò che leggerete è frutto di pensieri sparsi di un'esperienza che mi ha profondamente cambiato. La Translagorai non è solo la traversata di una catena montuosa straordinaria, ma un viaggio interiore. Cercare di farla in meno di 24h rende tutto più intenso. Ero indeciso se scrivere qualcosa. Vorrei poter trasmettere ciò che ho provato, ma è impossibile riportare con delle parole le più vite che ho vissuto in queste 22h58. Ci proverò comunque. Spero viviate anche solo una piccola parte di tutte le emozioni che mi hanno travolto. Siate felici, sempre!

+ Si soffre e si gode, Hombre! +

Viaggio della speranza. Con Vic arriviamo in ritardo al punto di incontro e per fortuna ci carica su Roberto. Pezzetti delle nostre storie si intrecciano mentre insieme a Letizia e Michele raggiungiamo Passo Rolle. Siamo in tanti. Fa quasi freddo. O forse non siamo abituati venendo dal forno della pianura. Saluti, condivisione, abbracci, ringraziamenti. Ritiriamo il "pettorale". Servirà solo per darci un'occhiata a vicenda. Sorrisi, tanti sorrisi. Filo prende la parola, tutti lo ascoltano. Il meteo "è quello là". Nuvoloni che si addensano sulle cime. Una foto di gruppo. Un arco di partenza. Le 19, Via! Correndo intorno ad un laghetto mi sento felice. Ho già dolore alla coscia sinistra, ma lo sapevo. Sarei partito anche in stampelle. Chiaccheriamo rilassati, ci fanno domande. In tanti sono stupiti dal sapere che siamo "toscani". La mia parlata mi tradisce. Per evitare di farmi insultare spiego che sono umbro, e Vic abruzzese. Ma non sembrano aver recepito. Ci verrà affibbiata questa "nazionalità" per tutto il viaggio e oltre. Percepisco l'antichità di questi luoghi. Stiamo percorrendo dei sentieri ai confini della realtà, immersi in una natura selvaggia e incontaminata. Solo la debole traccia tra distese di sassi, i segni sulle rocce e i ripari di vecchie trincee fanno capire che altri sono passati qui prima di noi. Si va avanti, camminando tanto e correndo poco. Ma è impossibile correre qui. O forse no? Mi godo l'immenso di fronte a noi. Sono dove volevo essere. L'unico pensiero sono quelle nuvole nere e i rombi mai abbastanza lontani.
All'improvviso piove. Anzi no, grandina! Chicchi come ceci cadono forte. Il guscio non mi protegge. Del ghiaccio mi colpisce le dita, cazzo se fa male. Attimi di panico! Dura poco. Lascia rivoli d'acqua ovunque e pallate di grandinee! L'ultima luce del giorno rende lunare lo scenario tutto intorno. Poi scende la notte e vedo le stelle. Infilo il piede tra due rocce e un'enorme pietra mi sbatte sulla caviglia sinistra.
PORCATROIAAA!
Ricordo di aver detto proprio così...non mi fermo, ma il dolore è insopportabile. Ora zoppicando, ora camminando, ora correndo continuiamo ad andare avanti. Insieme. C'è chi va e c'è chi viene. Ilaria, Gil, Jacopo, Lore e tanti altri. Un gruppo strano. Si crea e si distrugge come nebbia sulle vette. Solo Vic, Lety ed io restiamo sempre insieme. C'è una promessa in ballo. Butto grandine nel calzino. Provo a star davanti, dettare il passo, aiutare come posso. Poi però il dolore aumenta e resto defilato nelle retrovie. Arranco. Mi fermo. Sono seduto. "Senti sta Sangria" il Lore mi porge una borraccia. Dentro frutta ghiacciata e un po' di vodka. Sarà che siamo ad un party, ma il mix funziona. Riparto. Soffro ma mi muovo. Giù fino al Cauriol. Dio mio quanto è lunga questa discesa? Quanto è ripida? Quanto è scivolosa? Sbatto ovunque. Butto acqua ghiacciata sulla caviglia. Una luce lontana. Vicina. Lontana. Vicina. Eddaaaai! Eccoci. Notte fonda ma c'è gente che ci vuole bene e pensa a noi. Facce stanche, ma sorridenti, al nostro servizio. Ci fanno mangiare, bere Coca. Rubo l'ultimo pezzo di pizza. Mi verrà rinfacciato per parecchio. C'è tempo per ringraziare chi è qui al rifugio. Tempo per parole sussurrate. "Come stai?" "Di merda". Però rido. È troppo bello tutto questo. Ripartiamo. Una sterrata in salita. Incredibile dopo ore e ore di sassi. Rocce. E massi. Qualcuno per fortuna
sa la strada meglio di noi e mi lascio guidare. Mi passano un diosa. Questa non m'era mai successa! Ma si vaffanculo. Un paio di boccate e via. La notte è ancora lunga. Ed è tempo di forcelle. Traversi. Corde fisse. Nausea. Risate. Silenzio. Minuscole tracce. Luna in cielo. Ombre affilate. Lagorai.

Arriva l'alba. Maestosa e immensa. Stiamo ancora facendo su e giù per le forcelle. Ho provato a star davanti, dare il passo, ma è servito solo a
prosciugarmi. Ho troppo male. Il primo sole mi butta giù. Sono stanco. Non reggo più. Arranco. Resto indietro. Mi fermo. Riparto. Provo a mangiare. Mi fermo di nuovo. Riparto. Mi aggrappo ai bastoncini. Stanco. Da lontano, da un passo mi chiamano. "Andate! Poi arrivo..." Non ci credo neppure io. Dolore. Fatica. Stanchezza. Vorrei solo dormire. Arrivo al passo e non c'è più nessuno. Tiro fuori la giacca, mi copro, mi butto sulla poca erba tra le rocce e dormo. Solo un po'. Ne ho bisogno. Non sono mai stato così e me la sono cercata. È di certo l'esperienza più dura che abbia mai avuto, e ancora manca più di metà percorso. Perché lo faccio? Basta alzare gli occhi. Cosa mi spinge a cercare il limite? Quando arriva il momento in cui decidere di fermarsi? Vorrei farlo ora, ma sono a ore dal primo centro abitato. Sarebbe la prima volta che dico basta. Nonostante tutto il bello che sto vivendo, il mio corpo non ce la fa più, e la testa stavolta non è in grado di mandarmi ancora un po' più in là. Passano 15 minuti. La sveglia suona. Il caldo sole del mattino mi scalda il viso. Mi rialzo lentamente e butto giù un Brufen "come cercare di bloccare una piena con un bicchiere" penso. Appare una coppia sul passo nello stesso momento in cui mi chiama Lety. È preoccupata. Vic in sottofondo sembra tranquillo. Gli dico che ho dormito e che ora mi accoderò a questi due ragazzi.
Nonostante il dolore li seguo su una ripida discesa. Parliamo un po'. Mi si spegne l'orologio. Scarico. Meglio, un pensiero in meno. Nel frattempo la caviglia si scalda e provo a correre. Saluto i due amanti e corro. Vorrei tornare dagli altri ma avranno mezz'ora di vantaggio. Seguo le indicazioni. Sta diventando tutto così semplice. Correre, seguire la traccia, guardarmi intorno. Cosa succede?! Succede che sono risorto direttamente dall'inferno e sto correndo in paradiso. Non so se sono veloce ma so che non sto camminando. In salita, in discesa, sui sassi, sull'erba. Dalla cima di una forcella vedo un gruppone in lontananza. Il panorama da qui è incredibile. Il lago delle Stellune risplende li sotto. Sono felice! Mi tuffo in discesa deciso a riprenderli e mi fermo solo per tirare su un po' d'acqua. Alla fine li raggiungo. Sono tutti un po' scioccati da questa mia resurrezione, Vic no, mi conosce meglio di me. Stavolta non ci avrei scommesso un centesimo. Mi si è sciolto anche il muscolo della coscia. Il male alla caviglia è ancora lì ma ho spento il cervello e non lo sento. Il gruppo rumoreggia. Spacciano tempi inverosimili per stabilire quanto manchi. Bugiardi come volontari alle gare. Ci vorrà ancora molto per potersi finalmente sedere al tavolo del rifugio Manghen a bere una birra media fredda e mangiare un panino con speck e formaggio. Tanti turisti ora sul sentiero e qui al rifugio, raggiungibile anche in auto. Dalla strada che passa li sopra Filo e gli altri suonano un grande campanaccio da mucca richiamando la nostra attenzione. Un'immagine bellissima che mi affretto a raggiungere dopo aver provato ad asciugare i calzini al sole. Ho i piedi lessi e non è un buon segno. Mangio un paninetto con pomodorini, porto via una coca, una Fanta. Vic e Lety sono poco più avanti. Li raggiungo giusto in tempo per arrivare insieme al bivacco dove ci aspettano i ragazzi di U.R.M.A. Mamma mia che festa che ci fanno! Musica, coca, birra, cocomero, pane marmellata e burro di arachidi. Chiacchere e risate. In tanti vorrebbero fermarsi qui. La compagnia è unica. E ci ha raggiunto anche Lore! Incredibile la tempra di sto ragazzo. Ripartiamo tutti insieme rinvigoriti. Ma è dura. Inizio a sentire i piedi piagati. Si va avanti, fino al Sette Selle. Quanta gente! Che strano salutare altri. Se sapessero... Inizia a fare davvero caldo. Dovrebbe mancare poco, così dicono gli altri. Ma c'è da soffrire. E parecchio per giunta. Ci ristora la vista di un laghetto incastonato nella montagna. Solo che ora guardo su e la via da prendere mi toglie il fiato. Arranchiamo in fila con Marcello, Nicola, Letizia, Vic e non so' chi altro. Sulla serie di taglienti traversi mi metto davanti, deciso ad arrivare. Non ne posso più. Ormai ho i piedi pieni di vesciche e piaghe e fatico ad appoggiarli. C'è però da affrontare una lunga e infinita discesa. Fatico nello stare con gli altri. Mi dico che per alleviare questo dolore posso solo arrivare prima possibile. E poi inizia ad essere tardi, non voglio arrivare dopo le 19. Dopo tutta sta fatica sogno il momento in cui riceverò il Sacro Adesivo dei sub-24h. Incertezze sul percorso da seguire, ricerca della strada giusta. Inizio a spazientirmi. Sono davvero distrutto e questi ritardi aggiungono solo sofferenza. Alla fine dopo aver chiesto informazioni anche ai sassi sul sentiero, imbocchiamo la via giusta per il parcheggio. Una discesa interminabile. Sto zitto per non sprecare energie. Ma alla fine lui, l'asfalto! Non credevo mi sarebbe piaciuto vederlo. In lontananza il campanaccio suona a tutto spiano. Manco fosse la chiamata alla messa. Ora siamo solo io Vic e Lety. Stringo i denti e tento un allungo. Ci stringiamo le mani mentre passiamo sotto all'arco festeggiati da tutti i presenti. Non riesco neanche a parlare. Sono finito! Ilaria mi mette subito una birra in mano. Gradito premio. E finalmente posso sedermi, togliere le scarpe e fare due chiacchere. Facce conosciute e mai viste. Ritirati e arrivati. Familiari e amici. Siamo un'unica grande famiglia ormai. Uniti dalla pazzia. Scattano le 19. Chiunque arriverà da ora in poi riceverà solo una pacca sulla spalla e il rincuorante "andrà meglio la prossima volta". Per noi invece una piccola cerimonia di consegna dell'Adesivo (proprio lui cazzo) accompagnato da un abbraccio (il biscotto!).
È tempo dei saluti. Me ne vado, ma resto con lo spirito tra quelle rocce. Riparto cambiato. Non è forse
questo il senso di ogni viaggio?

Foto di Ylena Zampieron

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