Translagorai Classic

17/07/2021 Claudia Moscardelli

Premessa: vedevo la Translagorai come un sogno lontano, avremmo dovuto farla l'anno scorso, che eravamo belli allenati sulla distanza, ma un mio problema di salute ce lo haimpedito. Quest'anno, complice l'entusiasmo di questo nuovo tentativo collettivo e di qualche amico che sarebbe stato presente, ci lanciamo senza troppo pensare. Parlo al plurale, perché la mia Translagorai è stata al plurale, organizzata e vissuta col mio compagno di vita e di avventure, Michele [Lorenzini,del quale trovare un racconto dettagliato sicuramente più esaustivo del mio].
Io sono quella della manovalanza, dei panini e del buonumore, lui è quello che capisce, che sa dove si deve andare e sa leggere le mappe. Alla partenza, scopro di essere l'unica ragazza a partire. Siamo spesso in minoranza noi ragazze in questo sport, ma in questo caso mi pesaun po' di più gli amici mi prendono in giro sottolineando quanta pressione io mi debba sentire addosso, io ci rido su e sento nellamia testa le parole dell'amica runner coreana che direbbe semplicemente: "troppo maschi".
Non vedo l'ora di iniziare questo viaggio, correre scioglie i pensieri. Partiamo con un tramonto fantastico, ci sarebbero voluti gli occhiali da sole, trotterelliamo col gruppo, sbagliamo strada col gruppo e devo subito fare appello alla mia calma e alla mia vena conciliante per calmare il mio precisissimo compagno che impreca contro gli apripista. Non farti influenzare da questo errore, dai, andiamo per la nostra strada! Riprendiamo la traccia, la notte inizia ad avvolgerci, accendiamo le frontali e tutto sembra magico, si sentono solo i nostri passi, vediamo le luci della civiltà sempre più lontane e in giro quelle dei nostri compagni di viaggio. Il tempo scorre e io ho già smesso di comprenderea che velocità vada, io sto attentissima ad ogni passo, non devo inciampare e non devo farmi male, è l’unica cosa che mi preoccupa davvero. Sembra che stiamo bene, ogni tanto spegniamo le frontali, guardiamo il cielo,respiriamo magia e gioia, ci scambiamo bacini. Arriviamo al Manghen un po' dopo le 3, tutto bene, solo che "quei forti" arrivati prima di noi si sono finiti la Cocacola!
Mannaggia, mi toccherà arrivare al Cauriol per averne una. In realtà è un dettaglio sciocco perché l'acqua l'avevamo riempita al bivacco Mangheneti, dove tral’altro un paio di ragazzi seduti su una panchina in piena notte ci avevano salutato e incoraggiato. Penso, ma quando mi ricapita una cosa così?
Alle Stellune c'è già luce e presto iniziamo a fare la sezione centrale che ci manca, nonl'avevamo percorsa nei nostri giri esplorativi. Stiamo abbastanza bene, io mi sento avvolta di stupore, meraviglia, endorfine, ogni tanto riepilogo tempi e chilometri ma è tutto confuso. Il Lagorai dilata talmente i chilometri che il tempo passa e loro non salgono mai, dai 40 ai 50 il tempo è diventato infinito, paesaggi stupendi, qualche errore di percorso, ma la lentezza del nostro procedere è stata davvero impattante. Quando vi dicono che la Translagorai è lenta,non credeteci, è di più! è lentissima, molto più di quanto possiate immaginare (se siete gente normale come me, almeno!)

Michele fa fatica in salita, comincio a dirgli che possiamo anche fermarci al Cauriol, che nonc'è niente di male, vorrei che scegliesse con serenità cosa fare. Quando arriviamo al Cauriol,complice il sole, la discesa appena fatta, la CocaCola più buona del mondo, l'accoglienza gioiosa e affettuosa del gestore del rifugio e di chi faceva assistenza sul percorso, ci sentiamo davvero rigenerati, ci cambiamo, facciamo una pausa e ripartiamo davvero bene, carichi di entusiasmo e affrontiamo il salitone. Io sono serena, ci troviamo a chiacchierare un po' con Nicola e Andrea, coi quali ci siamo incrociati più e più volte, la salita è lenta, Michele e Nicola hanno il passo concentrato e costante di chi si sforza e cerca di ottimizzare le energie, io cerco di capire come stanno realmente e inizio a contare mentalmente i gel e gli aiuti chimici che ancora abbiamo negli zaini, non si sa mai! La mia parte pragmatica tiene su le orecchie e osserva i miei compagni di viaggio per capire come rendere più sostenibile e piacevole il viaggio. Arriviamo al Paolo a Nicola e viviamo un altro momentoindimenticabile: incontriamo Andrew(che avevamo accompagnato a Malga Valmaggiore il giorno prima con uno zaino carico di rifornimenti) e altri volontari che ci riempiono di affetto, ci accolgono, ci riempiono le borracce, ci danno sali e quant’altro nei nostri desideri. Ripeto, ma quando mi ricapita unacosa così?
Hanno aspettato anche noi lumaconi!!!

La fatica scompare, la carica va a mille e procediamo di buon passo. Purtroppo dopo non molto Michele legge la traccia e ci informache il dislivello da salire è ancora tanto, quasi1300 metri! Ah però, speriamo si sbagli!! Non c’è scelta, bisogna andare avanti. Ringrazio la mia indole accogliente e la mia lucidità. Quando Michele in cima alla salita ha bisogno di una pausa in mezzo al nulla, dove non prende neanche il telefono, non mi scompongo: mi offro di massaggargli i muscoli,trasferisco affetto e riconoscenza in quelle coccolesciogli-quadricipiti. Io da sola non sareimai arrivata dove sono, non sarei neanche quella che sono ora. Lo incoraggio a non fermarci troppo, acchiappo Nicola che ci ha raggiuntoe stringiamo un tacito sodalizio: ora noi 3 andiamo al Rolle, non importa l’ora di arrivo, noi andiamo! Andiamo avanti, io“biastimo” contro l’ultimo nevaio (ma a ste quote,ancora nevai??) e scendiamo dalle piste da sci, per fortuna Michele ha fatto una variazione alla traccia preferendo un itinerario più adatto alla stanchezza generale e tramite un comodo sentiero arriviamo al lago di Colbricon:una visione! Uno specchio brunito illuminato da poca luce, un momento poetico e indelebile per la nostra memoria. Mentre saliamo prende il cellulare e Paco ci chiama per sapere come va, sono contenta di dire che va tutto bene, che siamo solo lenti ma che siamo in arrivo. Torna la serenità, tutti leggeri, chiacchieroni e trotterellanti andiamo verso il Rolle parlando diqualsiasi cosa, sento le ranocchie che mescolano il loro gracidare alle nostre voci. Dopo 25 ore e 29 arriviamo a Malga Rolle, noi, i nostri zainetti e i nostri bacchetti.
Paco, Filo e la loro cricca sono ancora svegli ad aspettarci, il cuore mi si scioglie, troppa gioia! Io e Michele arriviamo sotto Malga Rolle, dove finisce l’FKT, un bacino e un selfino, per immortalare visivamente questo momento memorabile.
Il Lagorai è fuori scala, come le emozioni vissute in questa traversata. Ci ho messo più di qualche giorno a realizzarle. Operativamente vorrei dire che non è il posto migliore dove provare a fare 80K, però se per caso vi riesce di farli per la prima volta proprio lì, sarà memorabile, assicurato!
Emotivamente, se potete condividerla con qualcuno che è speciale per voi, sarà ancora più intenso e indimenticabile!
Almeno per me è stato così.

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