Translagorai Classic

17/07/2021 Francesco Paco Gentilucci

Presuppongo che se sperate di trovare qualche info utile dal mio racconto non la troverete.
L’attitudine dell’ultrarunning è una calamita che ti avvicina a persone di un certo tipo e a vivere certe cose, che, per quanto vogliate, succedono solo dopo che hai portato il tuo corpo a spasso per l’inferno.
Lo dico per inciso: trovo quella democratica idea buonista che tutti possano parlare di tutto e che fare 20 min di jogging è come fare una ultra piuttosto idiota. Per capire il sapore di una cola dopo 22 ore di corsa nei monti devi passare 20 ore al vento, alla pioggia, al sole, scavando dentro te stesso per l’idea di arrivare in fondo e poi provarlo: non credo che esistano scorciatoie.

16 luglio 2021, pomeriggio
Filippo è un ragazzo con certi valori. Utilizza borracce rigide a mano e magliette in cotone, corre come i pionieri dell’ultrarunning, è un heart runner che può vivere gare o giornate spaventosamente alte o basse. Il suo approccio alla vita è metodico, ma nella corsa è anche istintivo e questo mi piace perché non riesco proprio a vivere la corsa come un ingegnere. È meno cazzone di me, non fa cose così tanto a caso, ma se c’è da andare All In non si fa troppi problemi.

Ha anche ben chiaro il concetto di responsabilità e mi sembra uno che non vuole aspettare che le cose gli cadano addosso, ma ha voglia di farle succedere. Oltretutto se non fosse stato per lui non avrei avuto più tutta questa voglia di organizzare TRANSLAGORAI CLASSIC, ma di certo, credo che non mi sarei trovato in partenza in pantaloncini, anche quest’anno.
Ci penso mentre ci cambiamo in camper sul quale viviamo. Siamo saliti il giorno prima per acclimatarci, ma in realtà è per vivere questa cosa nel pieno, senza avere rimorsi. Parcheggiati al Rolle e dopo che ci ha raggiunto Miki Sandri abbiamo passato la giornata a cucinare, bere caffè e parlare di cose della vita. Miki non sapeva cosa è un repost o una storia su Instagram e questo mi ha fatto capire come molte volte siamo così dentro le nostre teste dal dimenticarci di vedere le cose con oggettività.
Miki ci ha raggiunto quassù: ha saputo che facevamo questa cosa ed è salito senza farsi domande o seghe mentali. Se un tuo amico fa qualcosa di figo, perché non raggiungerlo? Non fa una piega.

Sabato 17 luglio 2021 pomeriggio presto
Sono un po’ preso male per tutte quelle persone che la settimana prima ci hanno detto che non sarebbero venute, l’ansia che le persone che si sarebbero messe sui ristori avessero acquistato cose che non sarebbero servite, e tutto il resto. Filippo nel bene e nel male si vivrà tutta l’esperienza con me, incazzature, assurdità e disagi esistenziali compresi. Faccio partire per l’ennesima volta Prayers for the Rain dei The Cure, canzone di cui mi sono ossessionato in questi giorni e gli assicuro che correremo assieme.

Sarò onesto: non ho alcuna strategia, non ho scaricato la traccia sull’orologio e non ricordo nulla dallo scorso anno. Vaffanculo alla traccia ho pensato, devo solo andare dritto e provare a non restare da solo. So solo che proverò a rimanere incollato a Filo e se mi scaricherà cercherò qualcun altro a cui attaccarmi. Ho un polpaccio messo male, uno stiramento procurato settimana scorsa. Fuori piove, ho freddo in piumino. Però quando si è in ballo si balla, è sempre deludente cercare scuse.
Perché si fanno queste cose?

Mentre Manuel e Oscar – che sono venuti da Varese – ci portano in macchina verso la partenza; penso che in realtà è proprio per questo passaggio in macchina che si fanno queste cose. A prescindere dal bene o male voglio avere una giornata memorabile, con cui poter fare delle risate con gli amici ricordandola, dietro una birra, sia la sera che anche dopo anni.
La brigata delle Tigri, formato appunto da Manuel e Oscar ci porterà in partenza e ripartirà per l’ennesima volta verso Predazzo. Lì, senza aver dormito, si incamminerà verso il Paolo e Nicola nella speranza di essere accolta dal Tenente Mirel e l’esercito Unghie Rotte Mani Aperte.
A un certo punto vediamo questi ragazzi carichi con gli zainoni a petto nudo, alle nove del mattino risalire la valle trasportando legna, birre, acqua e paiolo per fare la polenta mi racconterà Manuel.

Sabato 17 sera
Abbracciamo Manuel e Oscar, salutiamo tutti i presenti e proviamo a collegare le facce ai messaggi arrivati gli scorsi giorni, a stilare una lista di partenza, facciamo una mini ripresa con Luca e io sono molto più a disagio di Filippo. Facciamo un breve discorso, Filippo spiega il percorso, io sparo le prime 3 cazzate che dal cervello raggiungono la bocca: sono agitato, ed è una cosa che non mi succede quasi mai in gara. Ora non posso più inventare scuse, si parte, e so che il Passo Rolle sarà lontanissimo.
“Però sarebbe figo bersi una coca cola arrivati in fondo, col Giulio” dice Filippo. è motivato, il bastardo, ha la testa sul pezzo, potrebbe arrivare in fondo.

Translagorai Classic non è una gara di paese che un giorno speri di vincere.  Translagorai Classic non è il Golden Gala in TV. Translagorai Classic se la sogni speri di arrivare in fondo. Riporta la corsa a una visione più umana, ripulita dalle stronzate e dalle apparenze. Ci si ritrova in gruppetti di persone destinate a vederti scavare nel profondo della pain cave senza fine, delimitata all’orizzonte da sassi, e poi ancora sassi.
Riflettiamo sugli altri le nostre paure e all’esterno le nostre responsabilità: i sassi se ne stanno immobili da una vita e non gli frega un cazzo di noi.

Ed è questa la magia dell’ultrarunning. Non lasciare traccia, usare solo le proprie gambe, partire da un punto e arrivare in un altro, senza aiuti e senza la possibilità di trovare scuse.
Sbagliamo strada dopo due chilometri, tutti ci seguono.
Mi viene da ridere: alla prima URMA 50k Invitational avevo portato tutti fuori strada dopo cento metri.
Mi volto e ci sono persone che scendono a caso scivolando sui rododendri e i sassi. Poco dopo sarebbero diventate lucine lontane sulle pareti delle montagne lontane.

Davide Genovese si aggrega fino al Sette Selle, oltre a Lorenz, che nello zainetto ha portato due thermos in alluminio, della mortadella e formaggio e una theragun. Insieme a noi anche Federico, un ragazzo simpatico di Treviso o Venezia, non ricordo, ma che si muove bene, forse un pelo fuori soglia per la sua andatura. Magari sta sperando di rimanere attaccato a me sperando che io abbia la più pallida idea di dove siamo. Si, poi non ci sono vere salite, gli faccio. O, praticamente a scendere dal Paolo e Nicola è un’autostrada dico, così sparando sulla fiducia. A intermittenza c'è con noi anche Mosè, che è partito col cane e che è una vecchia conoscenza di Filippo.

Al Manghen svalico da solo, Filippo e gli altri mi aspettano al passo. Patisco la notte, il freddo. Mi sono dovuto fermare svariate volte per il mal di pancia, e alla fine nemmeno una Dottor Pepper gelida ingollata di resta mi ha salvato. Sul passo ritrovo i soci di viaggio, il Torre, fermo – che avevo scommesso 100 euro sarebbe arrivato – e Daniele Sperotto praticamente congelato che dice che ci ha aspettato per ripartire, dopo quei chilometri fatti a tutta con i ragazzi che oramai sono davanti.

Arriva un po’ di sonno, inizio ad urlare.
Translagorai Classic Bitches! Roberto Krar concedici pietà e facci arrivare all’alba, oltre a urla verso altre persone lontane e delle imprecazioni casuali che sempre mi motivano.
Avevo portato una cassa bluethoot, cavi, cazzi e mazzi: dopo 10 minuti non avevo più nemmeno il cellulare carico. Frontale andata (che mi ha “regalato” un fotografo dimenticandola nel mio zaino) e devo chiedere a Filippo la sua di emergenza (ne ha due, io ho portato solo batterie).
L'orologio morirà entro qualche ora, cell come detto scarico, frontale con pile di ricambio scarica, della powerbank ho dimenticato il cavetto, la cassa per la musica non funziona. Gesù, sono nato nell'epoca sbagliata.
Vaffanculo, inizio a cantare qualche canzone dei Fine Before You Came. Tanto i miei compagni di viaggio mi accoltelleranno all’alba, penso, tanto vale che gli sfondi le orecchie.
"Come faremo ora che tutto è come prima!!
Lascia questi vestiti sporchi in questa casa e aspettaami altroveeeeeeee!!!
"

Il pomeriggio inizia la vera traversata, alti e bassi, anche se tolto il polpaccio sto bene. A Sadole beviamo una coca offerta da Tommaso, che senza conoscerci ci ha contattato per preparare un ristoro e me lo godo coi ragazzi di Milano: Ciccio, Davide e Guido, sono dei ragazzi veramente positivi. E non lo dico perché Ciccio mi offre una fetta di Sacher e fa finta di bersi la cazzata che mi ricorderò di ridargli i soldi, ma perché rappresentano quello che per me è questa traversata: si aspettano, si fanno forza, si prendono per il culo e si passano una giornata scavando assieme nelle loro anime. Credo che ne usciranno ancora più amici.

Arrivando verso il Paolo e Nicola,  Michelino e il Tenente mi stanno aspettando. L’Urlo del Tenente potrebbe risvegliare i morti.
Com’ella Pacone? Mi dice?
Cazzo, che bene che voglio a questi punk.
Il ristoro è una cosa mai vista: polenta, formaggio, qualsiasi cosa da bere, fuoco acceso, fanzine e una bandiera di Polenta Malgazine che sventola fiera sugli sfasciumi di roccia di cima Cece.
Guardo Filippo, ci commuoviamo ma facciamo finta sia il vento.
"è incredibile" mi dice. Come dicevo, è un ragazzo che ha dei valori e ringrazia tutti, iniziando da Mirel.

Aggregataci alla brigata delle tigri partiamo come gatti in discesa, carichi come le molle. Chissà il Genovese come se la passa? Ci chiediamo visto che si è staccato. Ma sono sicuro che arriverà, è uno che ha troppe palle per mollare, e soprattutto è troppo fuori di testa.

Chissà Ferretto se è già uscito dalla doccia.
"Ferretto infame per te solo lame! " Urlo speranzoso che non sia cosi lontano da non sentirci.

Pian piano inizia il calvario. Dani è bello stanco, stiamo tutti raschiando il fondo. Manuel e Oscar ci vedono in condizioni pietose e gli stiamo facendo perdere un mucchio di tempo considerato che la sera ripartiranno per Varese in macchina.
Non sarebbe stato più comodo farla di venerdì cosi uno la domenica si poteva riposare? Ha chiesto qualcuno.
Certo, ma non sarebbe stato il 17 luglio, e i numeri pari ci portano sfiga gli ho risposto.

A salire ai laghi di Colbricon Filippo urla Giuliooo!! E io credo sia uno scherzo e inizio a urlare anche io Giulio!
E troviamo sul serio Giulio, che ci aspetta, e con cui scambiamo delle chiacchiere.
"è dura Giulio" gli dico, poi abbraccio Filippo, un abbraccio veloce, senza troppi fronzoli, oramai non dobbiamo nemmeno più tanto stare a parlarne per intenderci.
Guilio se ne va avanti con Filippo, ed è una cosa fighissima, considerato che loro due lo scorso anno hanno fatto un tentativo assieme.

Dell’arrivo non voglio parlare, lo porterò sempre dentro di me.
Porterò tutta questa traversata dentro di me.
Avendola corsa in entrambi i lati non voglio più farla, quantomeno, un senso di completezza mi assale, mi siedo, stappo una coca cola, dopo 22 ore, sorrido a tutti, abbraccio tutti.
Nessuna scorciatoia, siamo scesi nell’inferno per scavare e in qualche modo ne siamo usciti.
Questo è il nostro sport e ne abbiamo scritto una pagina oggi.

Non sappiamo come accendere l'acqua calda in camper, non facciamo la doccia. Qualsiasi cosa diventa difficilissima, usiamo le nostre ultime energie per sentire chi è ancora sul percorso e aspettare tutti. Sono così bollito che non sposto nemmeno il Camper al parcheggio superiore. Al risveglio un tizio mi dirà che "abbiamo rischiato una sanzione salata".
Gli dico che siamo stati fortunati, mi metto in un angolo e mi faccio una bella pisciata coi reni che provano a smaltire i litri di cocacole bevute.

Angolo geek per gli amanti del materiale. Ho corso con Scarpe Nike Wildhorse 7 un po’ finite, calzetti Stance, bastoncini che non so visto che me li hanno regalati a una gara qualche tempo fa, pantaloncini Fang Short fuori commercio di Montane, tshirt di Auburn Running Company che mi hanno regalato Davide e Maria Carla, cappelli con visiera e toppa URMA regalatomi da Marco Vendramel, berretto in acrilico URMA con la toppa ricamata per sbaglio al contrario dai sarti indiani a cui facevamo cucire le prime toppe sui cappellini. Giacca a vento Montane Minimus rattoppata ma sempre perfetta.

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