13/07/2024 Lorenzo Fusinato

La Translagorai si svolge solitamente il secondo weekend di luglio alternando la partenza, un anno dal Passo Rolle (vers. Classic) con arrivo in Panarotta ed un anno con lo start dalla Panarotta (vers. Reverse) nel verso opposto.

 La mia storia però inizia molto prima.

Nel 2023 stufo della mia vita semi-sedentaria e della mia condizione fisica, decido di dedicarmi alla corsa. Purtroppo l’inesperienza nella gestione degli allenamenti mi porta presto ad un infortunio e dopo solo 300 km decido di mollare. Passano alcuni mesi e mentre “perdo tempo” sul divano mi imbatto per caso in alcuni video di Roberto Martini (Personal Coach di Youtube) che mi ispirano a riprendere e prendere in mano la mia condizione fisica. Consigliato anche da amici inizio ad allenarmi e finalmente riesco a conciliare una sana alimentazione con una tabella di preparazione fisica appositamente studiata ed appropriata sotto le direttive attente del mio coach Robi. Seguendo le indicazioni, e con non pochi sacrifici iniziali, i km iniziano a scorrere.

Sistemata l’alimentazione (-20 kg) e sistemata la tabella di allenamento (circa 220 km mensili) manca a questo punto solo un obiettivo.

 Translagorai è sempre stata un sogno da fare in 3 giorni. Mai e poi mai avrei mai pensato di provare a gestirla in meno di 24 h, finché il coach non mi chiede cosa ne penso e di considerare seriamente di provarci.

Percorso sconosciuto, montagne che avevo già battuto prima solo dal passo Cadin fino al lago di Erdemolo, distanza massima personale percorsa in continuità 43 km: questa la mia condizione la mattina della gara.

Cerco di arrivare riposato, mi alimento con cibi semplici e che conosco bene prima di incontrarmi con Robi che si offre di accompagnarmi al Rolle. Qui incontro Lorenzo e ci avviamo verso il Primiero. Subito iniziano le prime difficoltà logistiche quando veniamo fermati dalla Guardia di Finanza e dobbiamo giustificare la mole di bagagli, i pali di legno che formano il traguardo. Per fortuna il finanziere capisce la nostra situazione e ci lascia andare. I momenti di tensione lasciano nuovamente spazio alla concentrazione anche perché so già che oltre alla condizione fisica sarà determinante anche lo stato emotivo e mentale.

Arriviamo finalmente alla partenza dove incontro la grande famiglia della Translagorai. L’ansia sale ed io inizio a prepararmi. Alcune foto di rito e alle 19.03 del 13 luglio l’inizio ufficiale di questa fantastica avventura.

Partiamo in gruppo e cerco di gestire gli sforzi senza bruciarmi subito in partenza. Già iniziano le prime salite e per fortuna sento le gambe stare molto bene. Il terreno cambia molto velocemente e senza che me ne possa rendere conto incontro i famosi roccioni alternati da lingue di neve dove cado alcune volte. Purtroppo perdo terreno rispetto al gruppo di Daniele ma ne approfitto per scattare delle bellissime foto dove cerco di incorniciare il più bel tramonto mai visto (la fatica avrà acuito la bellezza). Vengo raggiunto da Noor (una ragazza Olandese) e proseguiamo puntando a contenere il distacco dal gruppetto davanti a noi.

Sono le ore 21.30 e lentamente ci accorgiamo che l’equilibrio che si era creato dopo il tramonto tra luce ed ombra si stava definitivamente spostando verso la notte.

 Accendiamo così le torce e continuiamo a battere il passo e in breve tempo recuperiamo il gruppo davanti a noi prima del passaggio sotto Cima Cece. Proseguiamo per un tratto assieme fino a mezzanotte quando decido di staccarmi poco prima della discesa al Cauriol: purtroppo il loro ritmo è troppo forte per le mie capacità. Scendo da solo al primo ristoro dove la ricarica emotiva del gruppo è più importante del carico di carboidrati offerto. Sono esattamente le 1.30. 10 minuti di pausa e si riparte per la salita al passaggio insidioso del Frate. L’oscurità avanza, sempre più cupa e a cio’ si aggiunge vento e nebbia che risalgono i versanti riducendo sempre più la visibilità. Il buio e la solitudine sono per me esperienze nuove e decido di affrontarle a testa alta. Davanti vedo i frontalini del gruppo “Daniele” che guadagnano strada, mentre dietro vedo gli inseguitori del gruppo “Mosna” abbastanza distanti.

La notte prosegue piena di emozioni e pensieri, finché la quantità di barrette e gel prende il sopravvento sul mio stomaco, complice anche il freddo ed il vento. Arrivato al Lago Brutto cerco di mangiare mezzo panino con il prosciutto per provare a sistemare un po' la digestione. Proseguo seguendo la traccia sul mio Garmin perdendo la possibilità di gustarmi la Sangria offerta alle Stellune, in quanto sono passato dalla variante alta.

Verso le 5 la luce inizia lentamente a scalfire le tenebre, si insinua fra le creste e scende lungo i canaloni del Lagorai fino a vincere quella sorta di muro spento. E’ l’alba di domenica 14 luglio, l’inizio spettacolare di un nuovo giorno che non riesco neppure a gustarmi a pieno dato il mio stato fisico. Da una parte un rincuorarsi ma dall’altra il pensiero di quanto la giornata sarà ancora lunga e soprattutto dura.

Ore 8.30 iniziano i primi problemi di stomaco che mi costringono a fermarmi lungo il percorso e perdo velocemente minuti preziosi. E’ così che vengo ripreso dal gruppo “Mosna” che decido di seguire fino al Manghen.

Arrivati al ristoro i miei piedi tartassati e quasi distrutti da tutti i sassi incontrati sul terreno chiedono il ritiro, supportati dal mio stomaco che non sento nemmeno più.  Ma la testa invece sembra non volerne sapere e mi sprona a proseguire nonostante tutto, quasi a provare imbarazzo, una sorta di vergogna nel dover spiegare a tutti che a quel punto mi sarei definitivamente fermato, soprattutto al mio coach e a mia moglie che credevano a quell’impresa quanto me.

Alla fine capisco di essere solo stanco, ho già percorso 52 km e ne mancano  “solo”  26. Sapendo che Debora (mia moglie) mi sarebbe venuta incontro gli ultimi 10 km decido di andare avanti.

Approfitto di tutto quello che trovo: riso con tofu, coca cola, crostata. Faccio scorte, cambio i calzini, prendo coraggio e riparto, supportato da tutti gli amici che avevo incontrato in partenza e dal mitico campanaccio che contraddistingue ogni gara.

Il percorso ora è baciato dal sole, il freddo che sentivo se ne sta andando, le gambe girano ancora discretamente e riesco a corricchiare anche in discesa. Ricominciano però nuove salite e vengo affiancato dal Mosna e da Maria. Loro però in quel momento hanno una marcia in più e li lascio andare. Devo cercare di tenere il mio passo e puntare al traguardo finale. Finalmente scorgo un cartello con scritto: Passo Cadin 45’. Il mio animo subito risplende perché so di essere arrivato sui terreni che conosco. Questo mi da una carica di adrenalina che però deve sempre fare i conti con i dolori ai piedi dovuti alla quantità di km ed al tipo di terreno che non sono abituato a sopportare così a lungo.

Ancora dislivelli da colmare che mi sembrano interminabili. Penso a come, soltanto qualche settimana prima, li superavo correndo senza la zavorra dei 65 km che ho appena lasciato alle spalle.  Capisco come ora la prova più difficile la stia affrontando la mia testa.  So infatti che oltre alla forma fisica è estremamente importante mantenere concentrazione e morale, ma non è assolutamente facile: ad ogni ascesa completata vedo all’orizzonte già la prossima da affrontare e questo va ad intaccare il mio stato d’animo. Accendo le cuffie, il mio iPhone sembra già sapere la playlist di cui ho bisogno. Inizio dunque a cercare la concentrazione con un sottofondo Rock ‘n Roll.

Finalmente raggiungo, ormai camminando, il Sette Selle dove vengo omaggiato di una Coca visto che le mie riserve di cibo sono finite. Una rinfrescata alla fontana e riparto. Ora su di me anche la curiosità di tutta la gente partita molto più tardi per il classico giro domenicale e gli sguardi attoniti a quanti chiedevano qualche info sul mio giro che gli lasciava letteralmente esterrefatti.  Questo mi da’ ulteriore forza per proseguire.

 Arrivo così quasi senza accorgermene al Lago di Erdemolo dove incontro degli ex colleghi di lavoro con i quali approfitto per scambiare due chiacchere e riposare 10 minuti. L’orologio mi segnala che mancano ormai solo 400 mt di dislivello mentre il messaggio di Debora mi avvisa che ci incontreremo come stabilito circa ai -9km. Una gamba davanti all’altra con un passo veramente lento mi portano fino alla salita prima del Gronlait dove finalmente vengo raggiunto da mia moglie, che oltre al conforto ha con se anche viveri e bevande. Si accorge anche lei del mio passo lento dovuto alla fatica e al dolore ai piedi sempre crescente. Piano piano mi aiuta a risalire tutto il lungo crinale del Gronlait e proseguire così in direzione Panarotta.

 A -6 km dall’arrivo incontro Robi che mi da la carica finale. Passiamo sotto il Fravort e finalmente vedo in lontananza la Bassa e so che là, cascasse il mondo è posto l’arrivo. Non mi rendo nemmeno conto dell’andatura, non avverto più nulla tranne il peso, enorme, della fatica e penso unicamente che questi ultimi 4 km saranno i più lenti e sofferti della mia vita.

Raggiunto da Robi e dagli altri corridori che avevo dietro di me so che ormai succeda quello che succeda non posso mollare. Imbocco la strada forestale alla Bassa fino a sbucare da sotto lo chalet dove finalmente vedo la festa. Il campanaccio rintocca, i miei colleghi finisher aprono una bottiglia e finalmente passo il traguardo sotto una pioggia di spumante.

22 ore e 43 minuti. Questo è il tempo che ho fermato transitando sotto l’arco e scoprendo così che il mio passaggio avrebbe decretato la fine dei concorrenti validamente registrati nella Translagorai Classic Run 2024; in poche parole ero arrivato ultimo.

Poco importa perché questa sfida è stata vinta prima di tutto nei confronti di me stesso che mai e poi mai avrei immaginato come alla mia prima partecipazione sarei riuscito a chiuderla, realizzando il mio record di km, il mio record di dislivello ma soprattutto il record di emozioni in un solo giorno.

Ora non mi resta che una cosa da fare: continuare ad allenarmi e puntare al 2025 per buttarmi nuovamente a capofitto questa volta ribaltando il tragitto.

Un grazie di cuore va a tutti quelli che lungo il percorso mi hanno supportato, dai ristori, alla gente che incontravo per strada regalandomi una bella parola, ma soprattutto al mio pacer che mi ha letteralmente tirato negli ultimi 10 km.

Arrivederci al 2025

TRANSLAGORAI CLASSIC / ©

2024

Trento Running Club